Pezzo in lingua originale inglese: Unprecedented: Egyptian Government Suppresses Christian Doctrine
Il fatto che il governo egiziano faciliti la persecuzione dei copti, la minoranza cristiana indigena del paese non era evidentemente abbastanza: ora il governo pretende di intervenire direttamente nelle questioni che riguardano la dottrina della Chiesa. Secondo la Assyrian International News Agency:
Il capo della Chiesa Copta in Egitto ha rifiutato la decisione di un tribunale che ordinava alla chiesa di permettere ai copti divorziati di risposarsi con rito religioso. In una conferenza stampa tenuta martedì 8 giugno, Papa Shenouda [III], leggendo un messaggio emesso dal Santo Sinodo dei 91 Vescovi della Chiesa, ha affermato che “la Chiesa Copta rispetta la legge, ma non accetta decisioni che vadano contro la Bibbia e contro le libertà religiose garantite dalla Costituzione. La recente decisione del tribunale è inaccettabile alle nostre coscienze e non possiamo adeguarvici”. Ha poi aggiunto che il matrimonio è un sacramento di natura puramente religiosa e non un semplice “atto amministrativo”.
Anche se in Occidente se ne è parlato pochissimo, la questione sta rapidamente raggiungendo il punto di rottura: alcuni stanno dicendo che, se non accetterà la decisione della Corte, il Papa sarà (un’altra volta) messo in prigione. Cosa si nasconde dietro un’interferenza così pesante nell’autonomia della Chiesa Copta?
Leggendo il giornale più venduto in Egitto, il governativo Al Ahram, uno potrebbe avere l’impressione che rendere più facile il divorzio e il risposarsi per i Copti sia un atto teso a “liberalizzare” la società – atto ostacolato solo da un Papa antiquato non “aperto alle riforme”. Un articolo cita un Copto che dice che “il fatto che il Papa limiti il divorzio e la possibilità di risposarsi solo ai casi di adulterio conclamati è una cosa ingiusta. Va contro alla natura dell’uomo”. Anche il direttore del Centro per l’Assistenza Legale alle Donne Egiziane afferma che la posizione della Chiesa “asseconda il desiderio di Papa Shenouda di imporre la sua volontà sulla comunità Cristiana” (una dichiarazione curiosa, visto che circa 10,000 Copti hanno partecipato ad una manifestazione pubblica di supporto per il Papa e che le Chiese Cattolica ed Ortodossa – che riuniscono circa un miliardo e mezzo di Cristiani – hanno delle posizioni molto simili quando si parla di divorzio).
In ogni caso, a meno che il lettore non pensi davvero che il governo egiziano stia davvero diventando più “liberale”, ci sono alcuni fatti importanti da ricordare:
Prima di tutto, come recita il Secondo Articolo della Costituzione Egiziana, la sharia — forse il codice di legge più draconiano ad essere sopravvissuto al Medioevo — è la “principale fonte di legislazione”. Questo vuol dire che un lungo elenco di misure contrarie ai più elementari diritti umani sono approvate, più o meno esplicitamente, dal governo egiziano, inclusa la poligamia, la limitazione alla costruzione di chiese, e la discriminazione istituzionalizzata nei confronti dei non-Musulmani e delle donne in generale. Per metterla in maniera diversa, la sharia può essere anche liberale – ma solo nei confronti dei maschi Musulmani, i quali (a proposito di matrimonio e divorzio) possono avere fino a quattro mogli e divorziare semplicemente dicendo “Io divorzio da te” per tre volte (anche via “SMS“).
Inoltre, il governo egiziano — ancora una volta in accordo con la sharia — impedisce ai Musulmani di convertirsi al Cristianesimo. L’avvocato Mohammad Hegazy, per esempio, ha provato a cambiare formalmente la sua religione da Musulmano a Cristiano sulla sua carta di identità — sì, in Egitto le persone sono catalogate, in puro stile Gestapo, secondo la loro religione — solo per vedere la sua richiesta negata dal tribunale egiziano. (Peraltro, episodi del genere sono tutt’altro che rari.) Insomma, mentre il governo egiziano si fa passare come un agente di “progresso sociale” che vuole riformare le posizioni “arcaiche” della Chiesa riguardo al divorzio e alla possibilità di risposarsi, esso stesso — non (l’università islamica di) Al Azhar, o qualche sceicco radicale, o la folla musulmana — impedisce (anche con la prigione o la tortura) ai Musulmani di convertirsi al Cristianesimo.
A quelli che accusano Papa Shenouda di comportarsi in maniera non molto diversa, ricordo una cosa: non sta applicando una legge totalitaria che tutti i fedeli Copti devono rispettare, sta solo dicendo che, secondo la Bibbia (ad esempio, Matteo 5:32), e a parte in alcune circostanze particolari (esempio l’adulterio), i Copti non possono risposarsi secondo il rito religioso: “Fate che chi vuole risposarsi lo faccia lontano da noi. Ci sono molti modi e molte Chiese che lo accetteranno. Chiunque voglia rimanere nella Chiesa, deve rispettare le sue leggi”.
Se questo continua a sembrarvi un filino “non pluralista”, sappiate che almeno i Copti hanno una via d’uscita: possono lasciare la Chiesa. Ai Musulmani non è permesso: la sharia – quella che in Egitto è considerata “fonte primaria di legislazione” — punisce con la morte quei Musulmani che vogliano abbandonare l’Islam.
L’ipocrisia palese della posizione del governo non è sfuggita agli Egiziani: “Il Papa ha evitato di rispondere aduna domanda posta da un reporter in una conferenza stampa che gli chiedeva se il tribunale avrebbe mai osato ordinare ad Al Azhar [la più alta autorità islamica in Egitto] di permettere ad un Musulmano di lasciargli sposare una quinta moglie, paragonandola all’interferenza del tribunale su questioni di dottrina basate sulla Bibbia”. Peccato, era davvero un’ottima domanda.
Per ultimo, la cosa più strana di questa situazione è il fatto che, nonostante tutte le sue pratiche inumane, la sharia permette ai dhimmi di governare le proprie comunità secondo le proprie credenze religiose, un fatto che lo stesso Papa non ha mancato di ricordare, quando ha detto che “la stessa Legge Islamica permette alle minoranze religiose di seguire le proprie regole e le proprie specifiche usanze”.
Per farla breve, il governo egiziano si sta comportando in maniera perfino più intollerante dei suoi predecessori medievali che, nonostante fossero apertamente ostili ai Cristiani e li tenessero in assoluta soggezione, almeno gli permettevano di governare i propri affari personali secondo la dottrina Cristiana. Come ha detto Papa Shenouda al Santo Sinodo d’emergenza, “questa decisione deve essere riconsiderata, altrimenti vorrebbe dire che i Copti stanno soffrendo e che sono oppressi per la loro religione”.
Effettivamente, quando i Copti sono perseguitati e brutalizzati dai Musulmani, il governo è pronto ad alzare le mani e dichiarare che non può controllare le azioni di una “minoranza di estremisti”. Comunque, ora che è lo stesso governo egiziano ad impedire alla Chiesa di vivere secondo la dottrina Cristiana, sono forse necessarie altre prove che si stia impegnando attivamente per sovvertire la società copta e rendere ancora più facile la persecuzione della minoranza Cristiana?
Raymond Ibrahim è il direttore associato del Middle East Forum, autore del libro The Al Qaeda Reader, e un guest lecturer presso il National Defense Intelligence College.
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